Mi piace pensare alla vita come ad un percorso evolutivo. Alla nascita i bisogni sono ben definiti: protezione, nutrimento e calore. Nel corso dello sviluppo e più avanti nell’arco della vita, ognuno si modella all’ambiente nel quale vive, divenendo un essere unico ed insostituibile.
La traiettoria e la velocità a cui percorriamo l’esistenza possono variare, potenza del libero arbitrio, ma la direzione è uguale per tutti. Come per il destino di un oggetto che viene scagliato lontano, il percorso di vita è un movimento curvilineo di cui conosciamo il punto di inizio e di cui possiamo solo stimare il punto di arrivo.
Il nostro percorso però non è così regolare come quello di un oggetto lanciato lontano. La vita è caratterizzata da balzi evolutivi a cui non ci possiamo sottrarre, che accellerano le trasformazioni maturative e ci portano rapidamente ad un più alto livello di funzionamento. Quello più problematico è la transizione dalla fanciullezza all’età adulta.
Il giovane è un individuo formalmente maturo, le trasformazioni fisiche e lo sviluppo psichico sono completate, la forza vitale lo spinge all’esplorazione, ma è confinato in una terra di mezzo, né fanciullo né adulto.
Noi adulti dimentichiamo le tempeste emotive di quel periodo, facciamo fatica a comprendere le tensioni, gli eccessi e le difficoltà dei nostri figli adolescenti. Siamo consapevoli di non capirli e di non essere capiti. Dovremmo tornare a ricordare i nostri stati d’animo per poter capire i loro.
Voglio liberarmi da etichette riduttive, e definire questa fase dell’esistenza come l’età del cuore, ad indicare come coraggio, audacia, generosità, amore, incoscienza siano gli attributi che spesso emergono nei giovani adulti, e che per via di ciò siano a volte vittime del loro stesso entusiasmo, dell’eccesso di sicurezza o dell’intenso sconforto che segue le prime sconfitte.
Noi adulti dobbiamo essere ben attenti a difendere e valorizzare questo coraggio, che da sempre è la linfa vitale del progresso della Società; con l’ingresso nella maturità purtroppo si entra nell’età dominata dall’egoismo, alla generosità disinteressata si sostituisce il freddo opportunismo.
L’età del cuore è una corsa nel buio. Le emozioni sono rapide a manifestarsi così come a mutare nel loro opposto, cambiano improvvisamente le prospettive. Spesso lo sconforto sembra prevalere, ed il dolore emotivo, apparentemente senza ragione, è tanto più acuto quanto intensa la forza vitale che spinge per andare avanti.
Sono un genitore prima che un terapeuta, ogni ragazzo è come un figlio che vorrei sostenere. Alla mia età ho maggior consapevolezza, ricordo cosa significa essere adolescenti, e mi accorgo che il mio modo di pensare di oggi è ciò che a quell’età dentestavo. Ora comprendo come la distanza comunicativa sia insita nelle cose, perché l’adulto ha ormai modellato i suoi pensieri, dimenticando l’eccesso di un tempo, e l’adolescente non ha ancora imparato a contenere le spinte vitali, per incanalarle positivamente. Meglio accettare l’incomunicabilità per potersi aprirsi alla comprensione.
Nell’età del cuore si è facili prede della negatività. La voglia di vivere ha urgenza di aprire nuove strade per potersi manifestare, ma a volte queste sembrano tutte sbarrate. Allora il dolore per ciò che sembra irrealizzabile è forte quanto la voglia di vivere che lo alimenta. Il disagio è sordo e insondabile, le emozioni di rabbia e di tristezza si rincorrono, il salto nel nulla sembra un sollievo.
A volte accade l’imponderabile, un’implosione sorda che sembra annichilire ogni speranza.
A volte i ragazzi sono preoccupati, ansiosi, rattristati, arrabbiati. Cercano il loro posto nel mondo; rincorrono la felicità, ma non sanno come fermarla.
A volte cercano nella direzione sbagliata. Dobbiamo perdonarli.
Dobbiamo perdonarci se non siamo riusciti ad indicarla.